architettura dell’emergenza

ARCHITETTURA DELL’EMERGENZA

Per architettura dell’emergenza viene intesa quella professione volta alla risoluzione di problematiche legate all’emergenza derivata da catastrofi naturali o sociali, nell’immediato e a lungo termine.

Definire il significato di architettura risulta complesso dal momento che il fare architettura nasce con la nascita dell’uomo.

Con il tempo l’architettura ha assunto una valenza di arte visiva legata al concetto di estetica, e molti valori etici (che sono base dell’architettura) sono andati scemando sostituiti da un’idea di architettura come professione talvolta elitaria e talvolta totalmente tecnica.

Si è perso il fondamento di base, uomo e architettura non sono scindibili.

La società affonda le sue radici su un pensiero architettonico senza il quale il rigore e la cultura stessa di ogni popolo non avrebbe ragione di esistere.

“Essa [l’architettura] è il prodotto di fattori di ogni genere, sociali, economici, scientifici, tecnici, etnologici. Per quanto un’epoca cerchi di mascherarsi, la sua vera natura trasparirà sempre attraverso la sua architettura.”

Sigfried Giedion, controspazio1-2, pag.40

Con questo non si intende una superiorità dell’architettura su qualsiasi altra professione bensì una primogenitura che le conferisce la necessaria presenza in ogni attività umana, sociale, culturale, politica e tecnica.

Da qui il mio interesse per il doveroso intervento da un punto di vista architettonico nella risoluzione delle “situazioni di emergenza” che sempre di più oggi ci colgono impreparati su molteplici fronti.

Emergenze di tipo ambientale, sociale e politico.

Il mio interesse sta nella ricerca di un’architettura dell’emergenza che non si rivolga solo alla residenza transitoria per sfollati profughi o evacuati bensì a un sistema più ampio, rivolto a definire un sistema di intervento per quelle aree che, causa urgenze e disastri, divengono perimetri di affollamento temporaneo.

Questa temporaneità, e molti esempi ce ne portano dimostrazione, in molte circostanze diviene una realtà stabile.

L’emergenza a questo punto non consta solo nel salvare le persone nell’esatto istante del pericolo ma bensì di permetter loro una dignitosa sistemazione che resista al tempo e al tedio di una totale assenza di impiego.

Ogni realtà va studiata e valutata. Ogni emergenza ha una sua causa un suo approccio e una sua risposta.

Tutto però deve essere ricollegato al concetto di partecipazione:

“presenza e adesione di una o più persone a un’attività, con un coinvolgimento passionale ed emotivo alla generazione o visione di un qualcosa”.

Essa genera un godimento di un bene e di un risultato che lega coloro che lo hanno generato. Sentirsi partecipi lega tutti ad un risultato comune.

Il concetto di coesione.

I rifugiati, gli sfollati e le persone vittime di disastri sono individui economicamente, socialmente e talvolta culturalmente differenti tra loro ma sopravvissuti di uno stesso dramma. Questo fattore è legante forte, che seppur temporaneo, accomuna il gruppo rendendolo solidale.

Questa solidarietà di menti differenti può essere forte motrice per un proposito atto a risolvere le emergenze.

L’architettura permette all’uomo di interagire con il contesto circostante “addomesticandolo” per poterlo abitare, in gruppo o da soli, in modo sedentario o nomade.

Uomo e contesto non possono essere scissi.

Pretendere di “depositare” uomini su di un territorio senza che essi lo possano “modellare” e sentir proprio (anche provvisoriamente) non può che portare un disagio all’individuo che lo abita e al territorio che ospita.